TIPI ITALIANI

Il dottor Mario Demetrio Piron di Padova, antivivisezionista convinto, anatomopatologo, farmacologo e tossicologo, archiatra di Casa Ghezzo Tardivo

«Al mio allievo prediletto dottor Piron, montagna di sapere, mare di bontà, con molta stima». Così scriveva Giovanni Battista Zanetti, professore di Anatomia Patologica all'Università di Padova, dedicando le sue parole a Mario Demetrio Piron, medico e artista della salute.

 

Sì, artista, poiché, parlandogli, non si può pensare ad un termine diverso; lo si vede nei suoi occhi, nel suo sorriso, lo si sente quando parla degli anni passati nel suo studio medico e dei lunghi studi approfondititi al fianco di figure di grande spicco della medicina italiana e mondiale: Alessandro Dalla Volta, direttore dell'Istituto di Clinica Medica dell'Università di Padova, Oberhollenzer, primario dell'Ospedale di Brunico, e i professori Williams e Herarth, primari presso l'Università di Monaco di Baviera (Gross- Adern).

 

Nato a Piove di Sacco (PD) il 23 agosto del 1929, si è laureato in medicina e chirurgia all'Università degli Studi di Padova il 2 marzo del 1956, collaborando successivamente con il famosissimo e già citato professor Giovanni Battista Zanetti per una ricerca sui saprofitismi micosici e le patologie neoplastiche. Nel 1966 viene invitato alla Lederle Cyanamid (USA) per due mesi di training per la neonata terapia infusiva con fleboclisi da attuare inday- hospital. Tornato il Italia, si dedica nuovamente allo studio delle terapie infusive in regime ambulatoriale, per poi collaborare con il professor Angelo Maggioni dell'Università di Padova per le analisi ematochimiche di routine in ambito ambulatoriale. Nel 1971 torna a viaggiare, dopo aver vinto un concorso come medico fiduciario dell'Ambasciata Italiana d'Australia, per verificare le condizioni mediche degli immigrati italiani d'Oltreoceano.

 

 

Una vita intensa, che gli ha richiesto sacrifici immensi e concesso tuttavia soddisfazioni incommensurabili. Una vita in cui ha avuto l'occasione di sviluppare la ragione stessa del suo esistere: l'arte della medicina. Avendo l'occasione di poterlo incontrare si è quasi sorpresi nel vedere quanti vecchi pazienti siano ora diventati amici fidati, felici anche solo di ricordare le passate, ma non scordate, risate, seduti sotto flebo sulle poltroncine rosse del suo studio a curare il corpo e lo spirito. Archiatra di casa Ghezzo Tardivo da epoca immemorabile, nel 1982 curò e guarì miracolosamente il nostro Presidente professor Michele Pietro Ghezzo, affetto da un virus sconosciuto che stava per portarlo alla morte. Raggiunto telefonicamente, il Prof. Ghezzo dice: «È tutto vero. Non mangiavo da settimane, continuavo a dimagrire e avevo degli esami del sangue tremendi. Piron mi fece quaranta flebo "Montecitorio" e mi ristabilii». Chiedo al dottor Piron il perché di questo nome e mi risponde testualmente: «Perché dopo te magni come un Governo...». E c'è una nota di commozione nella voce di coloro, sempre presenti, che ricordano gli episodi che li hanno legati, accumunati dalla profonda passione per la vita umana come per quella animale. È commovente e divertente al tempo stesso ascoltare dal dottor Piron la storia del piccolo cucciolo che i medici dell'Istituto di Anatomia Patologica avevano trovato in Via Falloppio, a Padova, con una frattura all'anca. Ingessato, curato e coccolato, era diventato la piccola mascotte di tutti coloro che, rapiti dai suoi grandi occhi e dal suo naturale charme, l'avevano potuto accarezzare anche una sola volta. Tanto era l'affetto per quel cucciolo che, quando era scomparso dall'Istituto, si erano impegnati anima e corpo nel cercarlo in una città grande e spietata come Padova, appellandosi persino al parroco della chiesa di Santa Sofia (che lanciò un appello durante la messa) per trovarne almeno una notizia che desse la speranza che si era del tutto ripreso e stava bene. E tanta era stata la tristezza nel non poterlo più vedere scodinzolare per i corridoi, tanta fu la gioia nel vederlo ritornare, alcuni mesi dopo, insieme ad un'altrettanto giovane compagna, anch'essa con la zampetta fratturata; grandi risate, molte coccole e tanto sollievo nel rivederlo, prima di salutarlo ancora una volta, mentre si allontanava con la sua compagna, curata come era capitato a lui tempo prima. Una piccola storia, forse, ma che racchiude qualcosa che va oltre le parole ed il sorriso che compare sulle sue labbra nel leggerne l'epilogo. Il dottor Piron cela, dietro le parole, l'amore che una persona può provare nel fare del bene, nel poter curare ciò che la vita ferisce spesso ingiustamente. È in questo che il dottor Piron è un artista, nel dipingere sulla tela del mondo i propri colori, raggianti e vividi, colori di vita e di speranza. Le parole rendono la malattia, il dolore, qualcosa di transitivo e obliabile, una piccola goccia di amaro che viene diluita in un dolce vivere. Un'arte, sì, che si rispecchia nel suo sguardo nel salutare un paziente che lo ringrazia per l'ennesima volta per la serenità con cui gli ha fatto scorrere nelle vene dalle flebo dai nomi fantasiosi (Alzati Lazzaro, Enduro, Tiramisù, Saltafossi, Gioia di vivere, K2 Alta montagna, Libera e bella e tanti altri) e sicuramente meno spaventosi di "Benzodiazepina", "Chemioterapici" o "Oncocarbide".

 

La storia della flebo di San Silvestro, poi, è un piccolo capolavoro che vale la pena raccontare... Successe che, inviato da un vescovo, un cardinale andasse da lui con gravi, annosi, problemi diarroici; il dottore, che dal professor Zanetti veniva definito come già scritto «montagna di sapere», gli somministrò tre sole flebo, un'inezia rispetto a tutte le medicine che il porporato aveva dovuto assumere. La storia si concluse con sua Eminenza che lo ringraziava ridendo, poichè aveva addirittura dovuto prendersi un lassativo per evacuare, chiedendogli per curiosità quale nome avesse l'infusione che gli aveva risolto quello spiacevole inconveniente. La risposta del dottore, sagace e pronta come solo una mente gioviale e geniale come la sua poteva partorire, fu che era la famosa flebo di San Silvestro, aggiungendo, di fronte ai dubbi del cardinale riguardo la funzione astringente di tale patrono, che era il santo che "chiude l'ano" (perdonate la blasfemia, ma un po' di leggerezza di spirito è necessaria parlando di questo grand'uomo).

 

Artista della medicina del sorriso, e del sorriso che porta la medicina. Artista che, come giusto, ha ottenuto, nei suoi ottant'anni, le due conquiste più importanti che potesse desiderare: la possibilità di esercitare il proprio genio e la riconoscenza per il suo operato. Parlandogli davanti ad una buona tazza di caffè, che, con un sorriso, allunga con un breve goccio di grappa barricata, si può apprezzare anche il suo modesto orgoglio nel raccontare di una scommessa vinta con l'onorevole professor Alberto Trabucchi, ordinario di diritto privato, primo giudice di Corte Europea e autore del manuale su cui hanno studiato e studieranno intere generazioni di avvocati. Padova, per chi la conosce, è definita la "città dei tre senza"; vi sono: un santo senza nome (sant'Antonio), un prato senza erba (Prato della Valle) e un caffè senza porte (il Pedrocchi, un tempo aperto giorno e notte). Amichevolmente, quando il dottor Piron esercitava, si diceva che ai tre "senza" se ne fosse aggiunto un quarto, il "dottore senza via", poichè ogni tassista di Padova conosceva la locazione del suo ambulatorio. Bastava salire su un qualsiasi taxi e chiedere di venire portati dal dottore per venir subito condotti in Via San Camillo de' Lellis 13, fra le molte lodi e udendo le "leggende" che circondavano la figura di quell'incredibile medico. Orbene il professor Trabucchi a questo non credeva, ma la sua "poca fede" lo portò a dover pagare una cena a Piron. E del professor Trabucchi è nel suo studio una splendida fotografia con dedica, datata 9 febbraio 1998, che così recita: «"... felix qui potuit rerum cognoscere causas" (Virgilio, Georgiche, II, 490, ndr) e felici coloro che di tanta scienza godono l'applicazione. "Rerum cognoscere causas". Il dottor Piron ha una vera testa funzionale. Alberto Trabucchi. Scritta spontaneamente a lode del grande archiatra di Alberto Trabucchi».

 

Cosa dire, di più? Ha curato professori universitari e bidelli, titolati e plebei, umili parroci di campagna e porporati, uomini politici di maggioranza e opposizione, calciatori e intellettuali, veline e sindacalisti, soubrettes e contadini, tutti con un cuore enorme e il sorriso sulle labbra. E a tutti è stato assegnato un soprannome (Don Tegon, Bimba, Bovoli, Aquilotto, Sbirulina, Veterinario, Christian ecc... a seconda delle inclinazioni e caratteristiche) con cui familiarmente li chiamava e li chiama tutt'ora.

 

Le parole sembrano quasi superflue, poichè non riescono a trasmettere appieno quella gioia di vivere che ti contagia nell'incontrarlo e nell'ascoltare le sue storie. Medico che non ha mai sperimentato sugli animali (dice spesso che solo l'anatomia patologica può formare un buon dottore), amico, uomo dai mille ingegni e dal cuore pieno di serenità. Se la medicina ed il sorriso, come detto, sono un'arte, il dottor Mario Demetrio Piron è sicuramente uno dei più grandi artisti che la storia della medicina ha mai potuto conoscere.

 

Dario Chiocchetta